Angelo cammina immerso nel grigio inverno di un'anonima città di provincia. Senza amore ne lavoro, spende le sue vuote giornate in uno squallido bar di periferia, sognando a occhi aperti la più banale normalità. Peppino, suo padre, non si è mai interessato a lui e, ormai anziano, è consapevole di non avere più tanto tempo da vivere. Dopo la morte della moglie, l'uomo si accorge di Angelo e si rende conto di non sapere neppure chi sia.
Lo sguardo del sassarese Angius è tagliente ed empatico allo stesso tempo. Con un occhio alla messa in scena asettica della nuova onda greca, il regista si aggancia al suo territorio (la Sardegna, ma anche l’Italia tutta) dissezionando una famiglia pervasa di quotidiana, normale follia. E mantenendo il suo registro in un equilibrio straniante fra realismo e grottesco, abbozza il ritratto nero e vitale di un paese.
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