Etiopia, 1996. Meaza Ashenafi è una giovane avvocatessa che opera in sintonia con il governo per fornire servizi gratuiti a donne e bambini bisognosi. La sua carriera e la sua stessa sopravvivenza saranno minacciate dal delicato caso di Hirut Assefa, una quattordicenne che, dopo essere stata rapita mentre tornava da scuola da un agricoltore ventinovenne con il desiderio di prenderla in moglie, ha ucciso l'uomo per ritrovare la sua libertà.
Stile spartano e inelegante per un film didascalico e asciutto, naïf e volenteroso, semplicistico ma esente da eccessi melodrammatici e spettacolari ricatti emotivi: Difret è l’equivalente di un articolo di cronaca internazionale con senso per il giusto e per lo storytelling, come una fiction tv di stampo civile. In apertura, occhi alla camera, l’endorsement engagé, global e commosso, della produttrice esecutiva Angelina Jolie. 1° Premio del pubblico al Festival di Berlino 2014.
domenica 25 gennaio 2015
Jhon Wick
Dopo la morte dell'amata moglie, il leggendario ex assassino John Wick (Keanu Reeves) trascorre le giornate a rimettere in sesto la sua Ford Mustang del 1969 e con la sola compagnia del cane Daisy. La sua esistenza scivola via senza intoppi fino a quando un sadico delinquente di nome Yosef Tarasof nota la sua auto. Non accettando il rifiuto di venderla di Wick, Yosef manda due suoi complici a rubare la macchina e a uccidere brutalmente Daisy. Da quel momento, John si mette sulle tracce del criminale a New York, scoprendo di avere a che fare con l'unico figlio del boss della mala Viggo Tarasof. Quando in breve tempo per la città si diffonde la voce che John è in cerca di Yosef per vendicarsi, Viggo mette sulla sua testa una grande ricompensa, che attira tutti gli assassini in circolazione.
Pochi fronzoli, niente digitale, stunt e coreografie importanti, il film ha tutto quello che un buon revenge movie dovrebbe avere: è fumettoso e violento, le psicologie sono binarie, i cameo gustosi, le battute azzeccate, l’ambientazione oscura, l’anima autenticamente di serie b e lo sguardo sempre fermo su un vendicatore implacabile, con i russi come nemesi assoluta. John Wick si muove agilmente su questo crinale, riaggiornando la retorica di due universi criminali moralmente antitetici, con protagonisti credibili, una musica fin troppo assordante e una splendida trovata caratterizzante come l’hotel per gangster e cacciatori di taglie, con le sue regole, i suoi lussi e il dottore sempre disponibile.
Pochi fronzoli, niente digitale, stunt e coreografie importanti, il film ha tutto quello che un buon revenge movie dovrebbe avere: è fumettoso e violento, le psicologie sono binarie, i cameo gustosi, le battute azzeccate, l’ambientazione oscura, l’anima autenticamente di serie b e lo sguardo sempre fermo su un vendicatore implacabile, con i russi come nemesi assoluta. John Wick si muove agilmente su questo crinale, riaggiornando la retorica di due universi criminali moralmente antitetici, con protagonisti credibili, una musica fin troppo assordante e una splendida trovata caratterizzante come l’hotel per gangster e cacciatori di taglie, con le sue regole, i suoi lussi e il dottore sempre disponibile.
Il nome del figlio
Nel corso di una cena allegra tra amici la semplice domanda sul nome del figlio che Paolo (Alessandro Gassman), estroverso agente immobiliare, e Simona (Micaela Ramazzotti), autrice di un libro molto piccante, stanno per avere genera una discussione senza fine. Feroci differenze, diversità profonde, antichi rancori, litigi sui gusti sessuali e rivelazioni intime finiranno per portare alla luce segreti inaspettati con conseguenze tragicomiche.
Un adattamento intelligente, guastato in parte da scelte registiche che sembrano temere la natura teatrale dell’originale: una macchina da presa in perenne, non sempre funzionale, movimento, e una serie di flashback utili solo a ribadire l’ovvio. Una cosa, poi, non possiamo perdonare: il momento grande freddo con trenino sulle note di Telefonami tra vent’anni di Lucio Dalla. Remake della commedia francese Cena tra amici (2012).
Un adattamento intelligente, guastato in parte da scelte registiche che sembrano temere la natura teatrale dell’originale: una macchina da presa in perenne, non sempre funzionale, movimento, e una serie di flashback utili solo a ribadire l’ovvio. Una cosa, poi, non possiamo perdonare: il momento grande freddo con trenino sulle note di Telefonami tra vent’anni di Lucio Dalla. Remake della commedia francese Cena tra amici (2012).
Still alice
La dottoressa Alice Howland è una rinomata docente di neuroscienze alla Columbia University. Felicemente sposata e madre di tre figli, Alice non presta molta attenzione alle piccole cose che le sfuggono di mente fino al giorno in cui, perdendosi nel suo quartiere, si rende conto che le sta accadendo qualcosa di terribilmente sbagliato. Ciò sarà solo l'inizio di una lunga lotta contro una precoce forma di morbo di Alzheimer, una battaglia che dovrà affrontare per continuare ad essere la Alice di sempre.
L’anticonvenzionalità di Still Alice - che altrimenti s’installerebbe nel collaudato genere di film sulla malattia - sta nel non mollare mai la sua protagonista (Julianne Moore), indagandone le reazioni, tentando di forzare la sua mente in dissolvimento, inseguendone l’orrore della consapevolezza prima, e poi l’inesorabile affievolirsi della luce del ricordo dagli occhi, dalla pelle, dal corpo. Per quanto senza guizzi d’originalità registica o di scrittura, Still Alice sa corrispondere in modo quieto e composto, discreto e pudico, alla terrificante patologia che racconta, fatta di silenzi e vuoti, qualcosa che ci abbandona senza far rumore e senza lasciare alcuna rassicurante scia di speranza.
L’anticonvenzionalità di Still Alice - che altrimenti s’installerebbe nel collaudato genere di film sulla malattia - sta nel non mollare mai la sua protagonista (Julianne Moore), indagandone le reazioni, tentando di forzare la sua mente in dissolvimento, inseguendone l’orrore della consapevolezza prima, e poi l’inesorabile affievolirsi della luce del ricordo dagli occhi, dalla pelle, dal corpo. Per quanto senza guizzi d’originalità registica o di scrittura, Still Alice sa corrispondere in modo quieto e composto, discreto e pudico, alla terrificante patologia che racconta, fatta di silenzi e vuoti, qualcosa che ci abbandona senza far rumore e senza lasciare alcuna rassicurante scia di speranza.
Hungry hearts
Mina e Jude si incontrano nel bagno di un ristorante e ciò segna l'inizio della loro grande storia d'amore. Dopo essere sposati, scoprono di stare per diventare genitori quando una guida spirituale dice a Mina che sta per dare alla luce un bambino indaco.
Saverio Costanzo è fautore di un cinema adulto. Un cinema che si stacca con orgoglio e veemenza dalla commedia a tutti i costi. Un cinema serio che mira alla testa. Un cinema dove la gioia di tenere la macchina da presa è tangibile. Costanzo è uno dei pochi in Italia, l’altro è Stefano Sollima, a pensare in forme schiettamente cinematografiche. Memorabile il lavoro del direttore della fotografia Fabio Cianchetti, lo spazio diventa radiografia del sentire mentre il montaggio non lineare di Francesca Calvelli incrina progressivamente il principio di percezione di realtà dei protagonisti. Crudelissimo. Tratto dal romanzo Il bambino indaco di Marco Franzoso.
Saverio Costanzo è fautore di un cinema adulto. Un cinema che si stacca con orgoglio e veemenza dalla commedia a tutti i costi. Un cinema serio che mira alla testa. Un cinema dove la gioia di tenere la macchina da presa è tangibile. Costanzo è uno dei pochi in Italia, l’altro è Stefano Sollima, a pensare in forme schiettamente cinematografiche. Memorabile il lavoro del direttore della fotografia Fabio Cianchetti, lo spazio diventa radiografia del sentire mentre il montaggio non lineare di Francesca Calvelli incrina progressivamente il principio di percezione di realtà dei protagonisti. Crudelissimo. Tratto dal romanzo Il bambino indaco di Marco Franzoso.
The water diviner
Subito dopo la battaglia di Gallipoli, disputata in Turchia durante la prima guerra mondiale, l'agricoltore australiano Connor decide di recarsi a Istanbul per scoprire cosa ne è stato dei suoi figli, dati per dispersi sul campo. Mentre inizia la relazione con la bella donna turca che gestisce l'albergo in cui alloggia, Connor si aggrappa alla speranza di ritrovare vivi i suoi ragazzi e con l'aiuto di un ufficiale turco inizia un viaggio attraverso il paese per scoprire la verità.
mercoledì 7 gennaio 2015
Big eyes
La storia dei coniugi Margaret (Amy Adams) e Walter Keane (Christoph Watz), divenuti entrambi famosi negli anni Cinquanta del Novecento per i loro ritratti kitsch di trovatelli caratterizzati da occhi sproporzionatamente grandi. Mentre Walter appariva in pubblico per godersi il successo, la più dotata Margaret rimaneva nell'ombra. In seguito, però, con l'arrivo del divorzio, i due aprirono un contenzioso per stabilire la paternità delle loro opere: Walter reclamò per sé tutta la gloria, sostenendo di aver svolto sostanzialmente da solo il lavoro, ma Margaret lo accusò di mentire dichiarandosi lei l'unica e vera artefice dei ritratti. Tuttavia, nel momento di dimostrare quanto sosteneva in tribunale realizzando un ritratto di fronte a dei testimoni, Walter addusse come scusante per non riuscirvi un dolore al braccio che lo portò a perdere la reputazione.
Paddington
Un giovane orso peruviano con la passione per tutto ciò che è inglese viaggia a Londra in cerca di una casa e di una vita migliore. Ritrovandosi sperduto e solo alla stazione di Paddington, comincia a rendersi conto che tutto ciò che aveva immaginato su Londra non corrisponde a realtà, fino a quando non incontra la gentile famiglia dei Brown, che gli offrono un temporaneo rifugio. Nonostante la sua esistenza sembri prendere una piega fortunata, il suo essere un raro orso cattura presto le attenzioni di una tassidermista di un museo.
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