Una giovane agente dell’FBI prende parte a una operazione segreta della CIA allo scopo di catturare un boss del narcotraffico messicano. Tale operazione metterà a repentaglio le sue convinzioni più profonde e i suoi valori morali.
Nella mani del regista di La donna che canta e Prisoners, la densità di sottintesi, affetti e tradimenti che si libera nelle relazioni tra superbi attori diventa importante quanto la destrezza e la raffinata ricerca visiva delle scene d’azione. Si tratta di tre personaggi ricchi di fragilità, audacia, ossessioni: ma nessuno dei tre crede di essere un supereroe. Questo li rende sensibilmente più interessanti di buona parte del cinema americano di oggi.
sabato 26 settembre 2015
L'attesa
Tra le grandi stanze di una vecchia villa siciliana segnata dal tempo, Anna trascorre le sue giornate in solitudine. Solo i passi del tuttofare Pietro rompono il silenzio quando tutto d'un tratto si presenta Jeanne, una giovane donna che sostiene di essere la fidanzata di Giuseppe, il figlio di Anna. Ad invitarla in Sicilia per trascorrere insieme qualche giorno di vacanza è stato proprio lo stesso Giuseppe ma nessuna delle due donne sa dell'esistenza dell'altra. Per di più Giuseppe non è presente. Nessuno sa dove sia andato, anche le sue cose sono tutte nella sua stanza e viene da pensare che forse molto presto tornerà. I giorni però passano, le due donne lentamente imparano a conoscersi e l'intero paese prepara la tradizionale processione di Pasqua.
Se è innegabile che Messina, alla prima prova nel lungo, non sia ancora in grado di gestire al meglio i sorrentinismi, se è evidente che Fellini e Rossellini gli sussurrino prepotentemente nelle orecchie, è altrettanto manifesto che siamo di fronte a un esordio di rara maturità e sensibilità, tanto nella regia quanto nella scrittura.
Se è innegabile che Messina, alla prima prova nel lungo, non sia ancora in grado di gestire al meglio i sorrentinismi, se è evidente che Fellini e Rossellini gli sussurrino prepotentemente nelle orecchie, è altrettanto manifesto che siamo di fronte a un esordio di rara maturità e sensibilità, tanto nella regia quanto nella scrittura.
Per amor vostro
Anna vive, da quarant'anni, nel suo angolo d'inferno. Ex bambina spavalda e sfortunata, è una donna generosa e fin troppo tollerante, prigioniera dei doveri e della famiglia. Confortata da "anime poverelle" del sottosuolo, in realtà Anna è circondata da molti demoni, reali e immaginari, e da un cielo, che quando si affaccia a scrutarlo diventa, al suo sguardo, sempre più nero.
Come Mario Martone con il suo Leopardi Giovane e favoloso, Gaudino qui s’inventa un cinema paradossale, surreale perché contro le pretese del realismo, ma in grado di restituire una vera e propria visione del mondo, la visione indecisa e struggente, gioiosa e segnata di Anna. L’esatto contrario della tv. E della cosmesi d’autore. Andate e godetene tutti, questo è uno dei nostri migliori cinemi possibili. Coppa Volpi a Valeria Golino, la seconda, 29 anni dopo Una storia d’amore.
Come Mario Martone con il suo Leopardi Giovane e favoloso, Gaudino qui s’inventa un cinema paradossale, surreale perché contro le pretese del realismo, ma in grado di restituire una vera e propria visione del mondo, la visione indecisa e struggente, gioiosa e segnata di Anna. L’esatto contrario della tv. E della cosmesi d’autore. Andate e godetene tutti, questo è uno dei nostri migliori cinemi possibili. Coppa Volpi a Valeria Golino, la seconda, 29 anni dopo Una storia d’amore.
Inside out
Crescere non è sempre facile e Riley, una ragazzina di 11 anni, se ne rende conto quando per seguire il lavoro del padre a San Francisco è costretta a lasciare la sua vita nel Midwest. Come tutti, Riley è guidata dalle cinque emozioni principali - Gioia, Paura, Rabbia, Disgusto e Tristezza - che vivono nella sua mente e che la aiutano ad affrontare la quotidianità. Mentre Riley fatica ad adattarsi alla nuova grande città, nel quartier generale delle emozioni monta l'agitazione: sebbene Gioia cerchi di mantenere uno visione positiva delle cose, le restanti emozioni entrano in conflitto sul modo migliore per esplorare la nuova realtà in cui si trovano.
l tripudio di invenzioni visive per dare corpo all’incorporeo superano per grazia e fantasia quanto fatto da Pixar sin qui. Ma non è solo nell’aspetto visivo che Inside Out fa la storia: il suo plot rivoluzionario, anziché semplificare il messaggio a portata di bimbo, si apre alla complessità della gamma emotiva umana e mette le sorti dell’avventura nelle mani di un'anti-eroina goffa, statica e pavida, portatrice di malinconia. Che si rivela l’arma vincente e scardina ogni tradizione disneyana sul valore dell’essere sempre allegri e ottimisti.
l tripudio di invenzioni visive per dare corpo all’incorporeo superano per grazia e fantasia quanto fatto da Pixar sin qui. Ma non è solo nell’aspetto visivo che Inside Out fa la storia: il suo plot rivoluzionario, anziché semplificare il messaggio a portata di bimbo, si apre alla complessità della gamma emotiva umana e mette le sorti dell’avventura nelle mani di un'anti-eroina goffa, statica e pavida, portatrice di malinconia. Che si rivela l’arma vincente e scardina ogni tradizione disneyana sul valore dell’essere sempre allegri e ottimisti.
sabato 12 settembre 2015
Non essere cattivo
Quelli che una volta erano i "ragazzi di vita", negli anni '90 sembrano appartenere, anche se nella periferia più disperata, a un mondo che ruota intorno all'edonismo. Un mondo dove soldi, macchine potenti, locali notturni, droghe sintetiche e cocaina "girano facili", nel quale Vittorio e Cesare, poco più che ventenni, agiscono alla ricerca della loro affermazione. L'iniziazione all'esistenza per loro ha un costo altissimo e Vittorio, per salvarsi, prende le distanze da Cesare, che invece sprofonda inesorabilmente. Il legame che li unisce è così forte che Vittorio non abbandonerà mai veramente il suo amico, sperando sempre di poter guardare al futuro con occhi nuovi.
È un quadro pasoliniano aggiornato e sformato dalle «spaventose accelerazioni» di L’odore della notte, questo Non essere cattivo: anagramma di Amore tossico e romanzo criminale umanista, inferno iperrealista che non assolve nessuno, lo spettatore per primo. Caligari conosce la misura esatta della parte bassa del mondo romano, ma non ci fa lavare la coscienza nei panni dei suoi protagonisti. Nota a margine: Marinelli si dimostra per quello che è. Ovvero, oggi, il miglior attore italiano.
È un quadro pasoliniano aggiornato e sformato dalle «spaventose accelerazioni» di L’odore della notte, questo Non essere cattivo: anagramma di Amore tossico e romanzo criminale umanista, inferno iperrealista che non assolve nessuno, lo spettatore per primo. Caligari conosce la misura esatta della parte bassa del mondo romano, ma non ci fa lavare la coscienza nei panni dei suoi protagonisti. Nota a margine: Marinelli si dimostra per quello che è. Ovvero, oggi, il miglior attore italiano.
Sangue del mio sangue
Federico, un giovane uomo d'armi, viene sedotto come il suo gemello prete da suor Benedetta che verrà condannata ad essere murata viva nelle antiche prigioni di Bobbio. Nello stesso luogo, secoli dopo, tornerà un altro Federico, sedicente ispettore ministeriale, che scoprirà che l'edificio è ancora abitato da un misterioso conte, che vive solo di notte
A una prima metà tutta ecclesiastica e in parte seria, naturalmente ispirata alla monaca di Monza, si contrappone una seconda ambientata ai giorni nostri, in cui Bellocchio si diverte a giocare con il registro del grottesco che ben conosce per ritrarre un’Italia contemporanea in cui i notabili vampireschi continuano ad avere in mano il potere che esercitano attraverso uno spregiudicato consociativismo. Insomma, Dio e Satana a braccetto. E il popolo sta a guardare senza nemmeno capire che cosa accade.
A una prima metà tutta ecclesiastica e in parte seria, naturalmente ispirata alla monaca di Monza, si contrappone una seconda ambientata ai giorni nostri, in cui Bellocchio si diverte a giocare con il registro del grottesco che ben conosce per ritrarre un’Italia contemporanea in cui i notabili vampireschi continuano ad avere in mano il potere che esercitano attraverso uno spregiudicato consociativismo. Insomma, Dio e Satana a braccetto. E il popolo sta a guardare senza nemmeno capire che cosa accade.
sabato 29 agosto 2015
A blast
Maria è in fuga sull'autostrada da sola, a bordo del suo suv. Solo un giorno prima era una madre premurosa, una moglie amorevole e una figlia responsabile. Ora è una canaglia, determinata a fuggir via dal suo mondo con dietro una valigia piena di soldi. Quello che è successo nelle ultime ore è una storia esplosiva di violenza, bugie e debiti.
Partisan
L'undicenne Alexander è cresciuto in una casa-famiglia guidata da Gregori, una carismatica e travagliata figura paterna. Per Alexander, che ha sempre visto il mondo attraverso gli occhi di Gregori, arriva però il momento di mettere in discussione gli insegnamenti ricevuti dal suo mentore.
È un film compresso Partisan, ricorda un pianto soffocato e mai liberato. Kleiman sembra così ossessionato dal non cadere nei cliché del genere da imporre un freno narrativo alla storia, tutta giocata su un’eccessiva tensione sotterranea. Piazza la macchina da presa su Vincent Cassel (che regala sfumature di cui sembra avara la scrittura) e sui giovani attori, alla ricerca di un fuoricampo che fatica a presentarsi.
È un film compresso Partisan, ricorda un pianto soffocato e mai liberato. Kleiman sembra così ossessionato dal non cadere nei cliché del genere da imporre un freno narrativo alla storia, tutta giocata su un’eccessiva tensione sotterranea. Piazza la macchina da presa su Vincent Cassel (che regala sfumature di cui sembra avara la scrittura) e sui giovani attori, alla ricerca di un fuoricampo che fatica a presentarsi.
La bella gente
Marito e moglie, borghesi e progressisti, un weekend in campagna. Quando lei decide di offrire rifugio a una prostituta rumena, prelevandola quasi a forza dalla strada, gli equilibri a poco a poco saltano.
Punto di partenza programmatico caro a Ivano De Matteo e alla sua sceneggiatrice storica Valentina Ferlan: prendi una coppia politicamente corretta e dimostra come sia in verità peggiore, o comunque non migliore, dei “qualunquisti” altri. Rispetto a I nostri ragazzi, però, il copione di La bella gente è meno ricattatorio e schematico, mentre la regia regala soluzioni sofisticate piuttosto interessanti. Molto bella la scena finale dell’addio di Nadja alla stazione, giocata su quel che potrebbe accadere fuori campo. Di Matteo dovrebbe comunque erigere un monumento ai protagonisti Monica Guerritore e Antonio Catania, davvero perfetti, capaci di rendere sempre credibili due personaggi altrimenti a rischio prevedibilità.
Punto di partenza programmatico caro a Ivano De Matteo e alla sua sceneggiatrice storica Valentina Ferlan: prendi una coppia politicamente corretta e dimostra come sia in verità peggiore, o comunque non migliore, dei “qualunquisti” altri. Rispetto a I nostri ragazzi, però, il copione di La bella gente è meno ricattatorio e schematico, mentre la regia regala soluzioni sofisticate piuttosto interessanti. Molto bella la scena finale dell’addio di Nadja alla stazione, giocata su quel che potrebbe accadere fuori campo. Di Matteo dovrebbe comunque erigere un monumento ai protagonisti Monica Guerritore e Antonio Catania, davvero perfetti, capaci di rendere sempre credibili due personaggi altrimenti a rischio prevedibilità.
sabato 22 agosto 2015
Corn island
Il fiume Inguri disegna un confine naturale che divide la Georgia dall'Abcasia. Durante una delle piene primaverili, si viene a creare una piccola isola in mezzo al fiume, ideale per la coltivazione del mais secondo un vecchio contadino del posto. Insieme alla nipote di 16 anni, il vecchio si dedica alla terra ma il legame che i due formano con la natura è disturbato dall'immancabile arrivo della polizia di frontiera.
martedì 11 agosto 2015
ex-machina
Caleb (Domhnall Gleeson), ventiquattrenne programmatore della più grande compagnia di internet al mondo, vince un concorso per trascorrere una settimana nel rifugio di montagna di proprietà di Nathan (Oscar Isaac), il solitario ceo della società. Quando giunge nella remota località, Caleb scopre di dover prendere parte a uno strano ed affascinante esperimento, in cui deve interagire con la prima vera intelligenza artificiale ospitata nel corpo di una bella ragazza robot.
Ex Machina ha dalla sua un ottimo cast ed è molto efficace nel costruire la tensione, nel non svelare subito le sue carte, insomma nel modellare l’intreccio thriller sfruttando la claustrofobia degli interni e l’evocata agorafobia degli esterni. Più di una analogia, interessante anche se casuale, con Foxcatcher di Bennett Miller: Ex Machina, in fondo, è un’altra “storia americana”.
Fuochi d'artificio in pieno giorno
Nel 2004, Zhang Zili, agente di polizia, indaga su un serial killer, scoprendo che tutte le vittime avevano avuto un legame sentimentale con una donna di nome Wu Zhizhen. Dalle sue ricerche scopre anche che cinque anni prima era stato proprio lui ad occuparsi del brutale omicidio del marito della stessa Zhizhen. Decide così di incontrare la donna, inconsapevole della trappola ben congegnata a cui andrà incontro.
Il noir è il mélo, il comico tragico, tristi notturni s’aprono a squarci ultrapop, i nessi causa/effetto latitano, la detection si perde in digressioni inquietanti e dementi, mesti silenzi si fanno isterica violenza. Come ci insegna Jia Zhang-ke, la realtà della Cina improvvisamente moderna è surrealtà. E queste sono le tracce di un paese instabile, che non riconosce la propria identità e s’abbandona agli automatismi del genere come a una forma di alienazione. È per questo che, quando i fuochi d’artificio in pieno giorno esplodono sul serio, ci si commuove. Orso d'Oro al Festival di Berlino 2014 e Orso d'argento per la migliore interpretazione maschile (Liao Fan).
Il noir è il mélo, il comico tragico, tristi notturni s’aprono a squarci ultrapop, i nessi causa/effetto latitano, la detection si perde in digressioni inquietanti e dementi, mesti silenzi si fanno isterica violenza. Come ci insegna Jia Zhang-ke, la realtà della Cina improvvisamente moderna è surrealtà. E queste sono le tracce di un paese instabile, che non riconosce la propria identità e s’abbandona agli automatismi del genere come a una forma di alienazione. È per questo che, quando i fuochi d’artificio in pieno giorno esplodono sul serio, ci si commuove. Orso d'Oro al Festival di Berlino 2014 e Orso d'argento per la migliore interpretazione maschile (Liao Fan).
'71
Un giovane soldato britannico è accidentalmente abbandonato dalla sua unità in seguito a una violenta rissa tra le strade di Belfast nel 1971. Impossibilitato a distinguere chi gli sia amico e chi no, la recluta deve sopravvivere da solo alla notte e mettersi in salvo in un paesaggio disorientante, alieno e mortale.
Applicando modalità espressive da cinema-verità a uno schema thriller Demange valorizza il contesto e i personaggi. Da una parte il conflitto con le sue assurdità fratricide, dall’altra figure tragiche caratterizzate da doppiezze shakespeariane. Ottimo cast, con alcuni dei migliori attori irlandesi della nuova generazione.
Applicando modalità espressive da cinema-verità a uno schema thriller Demange valorizza il contesto e i personaggi. Da una parte il conflitto con le sue assurdità fratricide, dall’altra figure tragiche caratterizzate da doppiezze shakespeariane. Ottimo cast, con alcuni dei migliori attori irlandesi della nuova generazione.
Predestination
Un agente temporale ha il compito di viaggiare in segreto nel tempo per impedire i crimini di futuri killer e terroristi. L'ultimo incarico che gli viene assegnato prevede che egli recluti se stesso da giovane per rintracciare l'unico criminale che da sempre continua a sfuggirgli.
Cinema di dettagli e apparenze che devia continuamente, confondendo lo sguardo dello spettatore e costringendolo ad attendere l’ultima sequenza per dipanare l’enigma. Ma anche solida macchina d’intrattenimento, con picchi d’intensità ben congegnati, dove tutte le sorti sono affidate alle scrittura e si finisce per stare al gioco - un po’ troppo ricattatorio - del puzzle da ricostruire. Per poi rispondere alla più antica delle domande: «È nato prima l’uovo o la gallina»?
Cinema di dettagli e apparenze che devia continuamente, confondendo lo sguardo dello spettatore e costringendolo ad attendere l’ultima sequenza per dipanare l’enigma. Ma anche solida macchina d’intrattenimento, con picchi d’intensità ben congegnati, dove tutte le sorti sono affidate alle scrittura e si finisce per stare al gioco - un po’ troppo ricattatorio - del puzzle da ricostruire. Per poi rispondere alla più antica delle domande: «È nato prima l’uovo o la gallina»?
Bota caffè
"Bota" è un bar situato ai confini di una vasta area paludosa in una zona remota dell'Albania ma è anche il luogo in cui si intersecano le vite di un gruppo di individui, chiamati presto a grandi cambiamenti generati dalla costruzione nelle vicinanze di una nuova autostrada. L'affabile Juli, anima del bar, si prende cura della nonna malata e ha varie preoccupazioni familiari tanto che il suo più grande desiderio è quello di lasciare il posto, che le ha portato solo miseria. La sua bella e capricciosa amica Nora, invece, sta cercando di gestire la sua relazione con Ben, uomo sposato nonché intraprendente proprietario del caffè e cugino di Juli.
I quadri composti e l’andamento compito, da professionale e pauperistico film d’autore, inquadrano Bota Café in una commedia eastern afasica, stremata dal sole e dalla miseria, con squarci di folklore e musica d’orgoglio popolare. Poi le cose precipitano. Succedono. Il passato ritorna. D’un tratto. Ma anche la tragedia è un falso movimento. E il film riesce, perché sa restituire il sentimento, l’umore, di questa malinconica stasi.
I quadri composti e l’andamento compito, da professionale e pauperistico film d’autore, inquadrano Bota Café in una commedia eastern afasica, stremata dal sole e dalla miseria, con squarci di folklore e musica d’orgoglio popolare. Poi le cose precipitano. Succedono. Il passato ritorna. D’un tratto. Ma anche la tragedia è un falso movimento. E il film riesce, perché sa restituire il sentimento, l’umore, di questa malinconica stasi.
Violette
Nata fuori dal matrimonio all'inizio del Novecento, Violette Leduc incontra Simone de Beauvoir a Saint-Germain-des-Prés nel dopoguerra. Tra le due autrici, nasce una duratura e intensa relazione basata sulla ricerca da parte di Violette della libertà attraverso la scrittura e sulla convinzione di Simone di avere tra le mani il destino di una straordinaria scrittrice.
Il cinema di Provost sembra essere spesso ingabbiato in una compostezza formale che Violette vuole nascondere, soprattutto nella parte iniziale. Il rigore soffocante, fortunatamente, a tratti mostra le sue crepe. Dopo aver oltrepassato il bianco e nero con pallida citazione di La corazzata Potemkin di Ejzenstejn, le allucinazioni di Violette e i dettagli di Simone de Beauvoir visti come in soggettiva scuotono il film dal suo persistente grigiore. Resta soprattutto la prova di una convincente Sandrine Kiberlain, che prevale sulla Devos.
Il cinema di Provost sembra essere spesso ingabbiato in una compostezza formale che Violette vuole nascondere, soprattutto nella parte iniziale. Il rigore soffocante, fortunatamente, a tratti mostra le sue crepe. Dopo aver oltrepassato il bianco e nero con pallida citazione di La corazzata Potemkin di Ejzenstejn, le allucinazioni di Violette e i dettagli di Simone de Beauvoir visti come in soggettiva scuotono il film dal suo persistente grigiore. Resta soprattutto la prova di una convincente Sandrine Kiberlain, che prevale sulla Devos.
sabato 20 giugno 2015
La regola del gioco
Gary Webb (Jeremy Renner) lavora come giornalista al San Jose Mercury News, sacrificando la propria vita privata per la professione. Negli anni Novanta del Novecento, Webb scopre il ruolo esercitato dalla Cia nell'importazione della cocaina in California, venduta per raccogliere soldi da destinare all'esercito ribelle dei Contras in Nicaragua. Sostenuto da moglie e figli, Webb porta alla luce la vicenda ma diviene presto oggetto di una campagna diffamatoria della Cia e dei giornalisti rivali, ritrovandosi a combattere con tutte le sue forze per salvare reputazione e famiglia.
Volenterosa spy story di chiacchiere e redazione, antispettacolare e di impianto televisivo che ricalca il modello anni 70, ma mostra il lato amaro di quell’epica giornalistica che da Tutti gli uomini del presidente a The Newsroom viene imbottita di eroismo e ottimismo. Il quadro psicologico del protagonista è efficace per quanto avaro di chiaroscuri, il quadretto familiare semplicistico, ma composto, e non mancano alcune intuizioni felici. Un cinema civile e umanista, dal fiato sicuramente corto, ma dalle idee chiare. Ispirato a una storia vera.
Volenterosa spy story di chiacchiere e redazione, antispettacolare e di impianto televisivo che ricalca il modello anni 70, ma mostra il lato amaro di quell’epica giornalistica che da Tutti gli uomini del presidente a The Newsroom viene imbottita di eroismo e ottimismo. Il quadro psicologico del protagonista è efficace per quanto avaro di chiaroscuri, il quadretto familiare semplicistico, ma composto, e non mancano alcune intuizioni felici. Un cinema civile e umanista, dal fiato sicuramente corto, ma dalle idee chiare. Ispirato a una storia vera.
sabato 13 giugno 2015
Acrid - storie di donne
Soheila e Jalal sono una coppia di mezza età la cui relazione è messa in pericolo a causa dello stupido comportamento di Jalal. Azar è la segretaria dello studio medico di Jalal, che invece non crede alle parole del marito Khosro e, nonostante i due figli, vuole il divorzio. Khosro lavora in una scuola guida come insegnante e si vede con un'allieva di nome Simin, di due anni più grande. Simin è un'istruttrice universitaria che ha come studentessa Mahsa, una ragazza indecisa sul futuro della relazione con il suo fidanzato. Mahsa è anche la figlia di Jalal...
E' arrivata mia figlia
Da 13 anni Val lavora come tata di Fabinho a San Paolo. Finanziariamente stabile, convive con il senso di colpa per aver lasciato la figlia Jessica a Pernambuco, nel nord del Brasile, dai nonni. Per prender parte al test di ingresso all'università, Jessica decide di recarsi a San Paolo dalla madre. La sua scelta darà origine a una convivenza non facile in cui ognuno sarà influenzato dalla personalità e dal candore della giovane.
La regista Anna Muylaert riesce a raccontare, lontana da preconcetti ideologici, un rapporto di lavoro atipico, ma che esiste, senza mai però voler estremizzare il discorso. Così facendo però, È arrivata mia figlia! (in originale A che ora torna?), finisce per non andare mai fino in fondo in ciò che racconta, fallendo, in parte, nel tentativo esplicito e mai mascherato di voler essere un ritratto realistico delle contraddizioni del Brasile odierno.
La regista Anna Muylaert riesce a raccontare, lontana da preconcetti ideologici, un rapporto di lavoro atipico, ma che esiste, senza mai però voler estremizzare il discorso. Così facendo però, È arrivata mia figlia! (in originale A che ora torna?), finisce per non andare mai fino in fondo in ciò che racconta, fallendo, in parte, nel tentativo esplicito e mai mascherato di voler essere un ritratto realistico delle contraddizioni del Brasile odierno.
sabato 30 maggio 2015
The tribe
Sergey, giovane sordomuto, entra in un collegio speciale e deve essere sottoposto a tutti i riti di passaggio della banda che vi detta potere, gestendo anche traffici di droga e prostituzione. In questo contesto, si innamora di Anna, componente della banda, che vende il suo corpo per sopravvivere e che ha lasciato l'Ungheria. Per amore di lei, Sergey sarà disposto ad infrangere senza pietà le leggi che regolano la gerarchia all'interno della gang.
Abituato a un cinema che trae senso (soprattutto) dalla sua traccia sonora, il pubblico è catapultato in un universo filmico costruito interamente sull’immagine, i suoi simboli, i suoi scarti e disavanzi, i suoi dispositivi di decifrazione dei significati. Come ai tempi del muto, ma senza artifici espressionisti o costruzioni avanguardiste, semplicemente con la forza di una macchina da presa attaccata a personaggi che si muovono in un reale periferico, squallido e cinico.
Abituato a un cinema che trae senso (soprattutto) dalla sua traccia sonora, il pubblico è catapultato in un universo filmico costruito interamente sull’immagine, i suoi simboli, i suoi scarti e disavanzi, i suoi dispositivi di decifrazione dei significati. Come ai tempi del muto, ma senza artifici espressionisti o costruzioni avanguardiste, semplicemente con la forza di una macchina da presa attaccata a personaggi che si muovono in un reale periferico, squallido e cinico.
Louisiana
In un territorio invisibile, ai margini della società, sul confine tra illegalità e anarchia, vive una comunità dolente che tenta di reagire a una minaccia: essere dimenticati dalle istituzioni e vedere calpestati i propri diritti di cittadini. Veterani in disarmo, adolescenti taciturni, drogati che cercano nell'amore una via d’uscita dalla dipendenza, ex combattenti delle forze speciali ancora in guerra con il mondo, giovani donne e future mamme allo sbando, vecchi che non hanno perso la voglia di vivere. In questa umanità nascosta, si aprono gli abissi dell’America di oggi.
Il film di Minervini è talmente vicino alle comunità che racconta da produrre un effetto di intimità scioccante, quasi disturbante: lavorando con troupe e attrezzatura ridotte all’osso, costruendo relazioni umane coi suoi protagonisti, lascia che siano loro gli autori della storia, oltre che gli attori, impegnati a mettere in scena se stessi. Una vicinanza che gli consente di filmare l’infilmabile, la vita vera, ma orchestrata dalla macchina da presa in modo tale che la distinzione tra fiction e documentario perda di senso. Un’idea di cinema che, come i suoi incredibili attori/non-attori, sembra calata da un altro pianeta.
Il film di Minervini è talmente vicino alle comunità che racconta da produrre un effetto di intimità scioccante, quasi disturbante: lavorando con troupe e attrezzatura ridotte all’osso, costruendo relazioni umane coi suoi protagonisti, lascia che siano loro gli autori della storia, oltre che gli attori, impegnati a mettere in scena se stessi. Una vicinanza che gli consente di filmare l’infilmabile, la vita vera, ma orchestrata dalla macchina da presa in modo tale che la distinzione tra fiction e documentario perda di senso. Un’idea di cinema che, come i suoi incredibili attori/non-attori, sembra calata da un altro pianeta.
Pizza e datteri
Saladino, un giovane e inesperto ventenne afgano, arriva a Venezia mandato dal suo Imam per aiutare la piccola comunità musulmana locale a superare il periodo di crisi che sta affrontando. A contatto per la prima volta con una realtà del tutto nuova e con la vicinanza del mare, Saladino trova in Bepi, un veneziano convertitosi all'islamismo per protesta, un vero e proprio mentore. Tra i vari casi che il giovane Saladino è chiamato ad affrontare il più complicato è quello della voluttuosa ribelle Zara, che dopo aver denunciato il marito violento gestisce un negozio di parrucchiere unisex e vive troppo all'occidentale.
Il regista curdo Fariborz Kamkari, noto per I fiori di Kirkuk (2010), affronta con coraggio la commedia “all’italiana” scegliendo come location la città più rischiosa, data la sua turistica cinegenicità. Riesce a stare lontano dall’ovvio paesaggistico aggirandosi tra “fondamenta” vecchie e nuove e scoprendo, della Serenissima, una periferia anche dell’anima. Dove inciampa è invece sulla fluidità della narrazione, a tratti fuori registro, non sempre in grado di amalgamare il respiro comico e il grottesco.
Il regista curdo Fariborz Kamkari, noto per I fiori di Kirkuk (2010), affronta con coraggio la commedia “all’italiana” scegliendo come location la città più rischiosa, data la sua turistica cinegenicità. Riesce a stare lontano dall’ovvio paesaggistico aggirandosi tra “fondamenta” vecchie e nuove e scoprendo, della Serenissima, una periferia anche dell’anima. Dove inciampa è invece sulla fluidità della narrazione, a tratti fuori registro, non sempre in grado di amalgamare il respiro comico e il grottesco.
Youth - la giovinezza
Primavera. Fred e Mick, due vecchi amici alle soglie degli ottant'anni, sono in vacanza insieme in un elegante albergo ai piedi delle Alpi. Fred, compositore e direttore d'orchestra, è ormai in pensione mentre Mick, regista, è ancora in attività. I due amici, consapevoli che il tempo a loro disposizione sta lentamente scadendo, decidono di affrontare il futuro insieme e guardano con curiosità e tenerezza alla vita dei loro figli, dei giovani scrittori entusiasti di Mick e degli altri ospiti dell'albergo, tutta gente che sembra avere davanti a sé ancora l'intera esistenza. E mentre Mick si sforza di finire la sceneggiatura di quello che sarà il suo ultimo importante film, Fred non ha alcuna intenzione di rimettersi al lavoro, anche se qualcuno vuole a tutti i costi ascoltare nuovamente le sue composizioni e rivederlo di nuovo all'opera.
Grazie a David Lang (un compositore contemporaneo che Sorrentino ha aiutato a far conoscere), il film si abbandona a epifanie che spezzano il passo maestoso di grandi sequenze che perlopiù finiscono con sottili gag ironici (il film è divertente, anche se culmina in scene drammatiche). Proprio questo lo rende spesso un lavoro magnifico che quando giunge all’intensità delle emozioni subito si rifugia nel virtuosismo dei dialoghi, nell’ebbrezza della visione, nel grottesco insensato e divertente della vita. E nessun regista in Italia oggi sa esplorare la sensualità del mix di immagini e suoni come lui.
Grazie a David Lang (un compositore contemporaneo che Sorrentino ha aiutato a far conoscere), il film si abbandona a epifanie che spezzano il passo maestoso di grandi sequenze che perlopiù finiscono con sottili gag ironici (il film è divertente, anche se culmina in scene drammatiche). Proprio questo lo rende spesso un lavoro magnifico che quando giunge all’intensità delle emozioni subito si rifugia nel virtuosismo dei dialoghi, nell’ebbrezza della visione, nel grottesco insensato e divertente della vita. E nessun regista in Italia oggi sa esplorare la sensualità del mix di immagini e suoni come lui.
Calvario
Padre James Lavelle (Brendan Gleeson) è un buon uomo che desidera solo il bene per il mondo, prodigandosi per renderlo migliore di quello che è. Le sue buone intenzioni sono però quasi sempre schiacciate e sconvolte dalla cattiveria e dalla aggressività degli abitanti del piccolo villaggio di campagna in cui vive. Un giorno, padre James viene minacciato durante una confessione e da quel momento le forze dell'oscurità cominciano ad avvicinarsi intorno a lui.
Calvario è un teatro dell’assurdo, in cui gli abitanti propinano le proprie battute migliori, e al contempo soffrono dell’essere ridotti a personaggio. Così, in questa galleria di maschere dolenti, di stereotipi irrequieti, la fede che il film sostiene (e per cui James s’immola) non è quella in Dio. Ma quella nell’uomo. Oltre il cinismo, oltre il mondo ridotto a retorica vuota, a linguaggio automatico, a gioco di ruolo, a ronde del pregiudizio.
Calvario è un teatro dell’assurdo, in cui gli abitanti propinano le proprie battute migliori, e al contempo soffrono dell’essere ridotti a personaggio. Così, in questa galleria di maschere dolenti, di stereotipi irrequieti, la fede che il film sostiene (e per cui James s’immola) non è quella in Dio. Ma quella nell’uomo. Oltre il cinismo, oltre il mondo ridotto a retorica vuota, a linguaggio automatico, a gioco di ruolo, a ronde del pregiudizio.
Il racconto dei racconti
Dall'amara storia di una regina (Salma Hayek) che mangia il cuore di un drago per avere un erede alla storia di due sorelle misteriose che provocano la passione di un re (Vincent Cassel) e a quella di un re ossessionato da una pulce gigante che lo porta a preoccuparsi oltre misura per la sua giovane figlia: differenti storie intrecciano il bello con il grottesco, in un clima di sorprendente ed unica immaginazione gotica.
Un grande affresco in chiave fantastica del periodo barocco, raccontato attraverso le storie di tre regni e dei loro rispettivi sovrani ed ispirato e liberamente tratto da Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile. Film molto pensato, fin troppo cerebrale, scientifico nel suo porsi come opera definitiva sul racconto di una fiaba al cinema, impeccabile pure nello scardinare l’ordine costituito dell’immaginario cinematografico contemporaneo.
Un grande affresco in chiave fantastica del periodo barocco, raccontato attraverso le storie di tre regni e dei loro rispettivi sovrani ed ispirato e liberamente tratto da Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile. Film molto pensato, fin troppo cerebrale, scientifico nel suo porsi come opera definitiva sul racconto di una fiaba al cinema, impeccabile pure nello scardinare l’ordine costituito dell’immaginario cinematografico contemporaneo.
Mad Max: Fury road
Max Rockatansky (Tom Hardy), meglio conosciuto come Mad Max, si ritrova coinvolto con un gruppo di persone in fuga per le lande deserte dell'Australia nella guerra delle trivellazioni condotta da Imperatora Furiosa (Charlize Theron). Ha origine così un conflitto che per le strade lascerà dietro di sé una scia di vittime e pochi sopravvissuti in grado di raccontare quello che è successo.
George Miller ricompie il miracolo di Interceptor - Il guerriero della strada, quello di un neorealismo action con stunt kamikaze, effetti più pirotecnici che digitali, il regista e il suo sguardo in trincea per una artificiosità ridotta al minimo. L’inseguimento finale con i feroci attaccati alle pertiche è stupefacente. Mad Max: Fury Road è l’anti-videogame, è il viaggio degli eroi in una terra fantastica chiamata cinema.
George Miller ricompie il miracolo di Interceptor - Il guerriero della strada, quello di un neorealismo action con stunt kamikaze, effetti più pirotecnici che digitali, il regista e il suo sguardo in trincea per una artificiosità ridotta al minimo. L’inseguimento finale con i feroci attaccati alle pertiche è stupefacente. Mad Max: Fury Road è l’anti-videogame, è il viaggio degli eroi in una terra fantastica chiamata cinema.
Leviathan
Nikolai vive con il figlio adolescente Romka e la giovane moglie Lilya in un piccolo paese nei pressi del mare di Barents, nel nord della Russia, davanti a una piccola baia dove a volte entrano le balene. La sua casa, così come il piccolo garage dove esercita la professione di meccanico, vengono però portati via dal sindaco della città, che ha un particolare interesse nell'ottenere le sue proprietà. Combattere per vie legali contro il sindaco corrotto appare sin da subito inefficiente e, determinato a riottenere indietro ciò che è suo, Nikolai chiede aiuto a Dimitri, un vecchio compagno d'esercito divenuto avvocato benestante di Mosca. Presto, Dimitri si renderà conto che c'è solo un modo per risolvere la situazione e consiste nel portare alla luce le prove che incriminano il sindaco e il suo operato poco pulito.
Il film sceglie un formalismo realista e solenne, perché sa di usare una piccola storia come parabola e l’umanità che lo abita come pedina di un teorema. Procede ineluttabile, con umorismo nerissimo, con un respiro programmatico che toglie pathos al dramma e non conosce dialettica. Solo risposte sicure, immobili e terribili.
Il film sceglie un formalismo realista e solenne, perché sa di usare una piccola storia come parabola e l’umanità che lo abita come pedina di un teorema. Procede ineluttabile, con umorismo nerissimo, con un respiro programmatico che toglie pathos al dramma e non conosce dialettica. Solo risposte sicure, immobili e terribili.
Forza maggiore
Durante una settimana bianca in Francia, una famiglia svedese sta pranzando in un ristorante di montagna quando una slavina colpisce improvvisamente l’edificio. Preso dal panico e dal suo egoismo istintivo, il padre scappa, lasciando in asso la moglie e entrambi i figli. La vicenda fa così affiorare conflitti mai prima rivelati.
Lo svedese Östlund, vincitore con questo film del Premio della giuria al Certain regard 2014, guarda i personaggi col distacco sarcastico di un entomologo annoiato dando luogo ad una “valanga controllata”, un esperimento provocatorio di scoperto cinismo e portando lo spettatore fuori da ogni reale condivisione emotiva dandogli in pasto quello humour anti-empatico che è misura dei nostri tempi.
Lo svedese Östlund, vincitore con questo film del Premio della giuria al Certain regard 2014, guarda i personaggi col distacco sarcastico di un entomologo annoiato dando luogo ad una “valanga controllata”, un esperimento provocatorio di scoperto cinismo e portando lo spettatore fuori da ogni reale condivisione emotiva dandogli in pasto quello humour anti-empatico che è misura dei nostri tempi.
domenica 26 aprile 2015
Sarà il mio tipo ?
lément, giovane professore di filosofia a Parigi, riceve un incarico che per un anno lo costringe a trasferirsi ad Arras. Tra la noia che lo opprime e il tempo sempre plumbeo. Clément non sa come occupare le giornate fino a quando incontra Jennifer, una parrucchiera carina e gioviale che diviene la sua amante. In piena libertà, potrebbero vivere l'amore più bello del mondo se non fosse per il profondo divario socio-culturale che li separa.
l regista, nell’adattare il romanzo di Philippe Vilain "Non il suo tipo", si prende tutto il tempo che la storia richiede e intesse il film di soluzioni formali ricercate, come l’interessante gioco di raccordi, riuscendo a girare alcune delle sequenze musicali, in chiave narrativa (a lei piace andare al karaoke con le amiche), più belle, emozionanti e intense viste nel cinema recente.
l regista, nell’adattare il romanzo di Philippe Vilain "Non il suo tipo", si prende tutto il tempo che la storia richiede e intesse il film di soluzioni formali ricercate, come l’interessante gioco di raccordi, riuscendo a girare alcune delle sequenze musicali, in chiave narrativa (a lei piace andare al karaoke con le amiche), più belle, emozionanti e intense viste nel cinema recente.
The fighters - Addestramento di vita
Tra gli amici e l'azienda di famiglia, l'estate di Arnaud si preannuncia tranquilla fino al momento in cui incontra Madeleine, tanto bella quanto fragile e appassionata di muscoli e profezie catastrofiche. Arnaud non si aspetta nulla da lei mentre Madeleine si sta preparando al peggio e alla fine del mondo. La loro sarà una storia d'amore e di sopravvivenza, fuori da ogni canone prestabilito.
Sorprendente opera prima francese, romanzo di formazione sentimentale in un contesto che lentamente si disgrega, tra massimi sistemi e contingenze legate alla Francia di oggi. Lo sguardo dell’autore si concentra sulla fisicità contraddittoria di Arnaud e Madeleine (formidabili Adèle Haenel e Kévin Azaïs), questi “combattants” che sarebbe banale definire “senza causa”, perché investono emozioni e energia vitale nella sopravvivenza.
Sorprendente opera prima francese, romanzo di formazione sentimentale in un contesto che lentamente si disgrega, tra massimi sistemi e contingenze legate alla Francia di oggi. Lo sguardo dell’autore si concentra sulla fisicità contraddittoria di Arnaud e Madeleine (formidabili Adèle Haenel e Kévin Azaïs), questi “combattants” che sarebbe banale definire “senza causa”, perché investono emozioni e energia vitale nella sopravvivenza.
Black sea
l capitano di un sottomarino (Jude Law), dopo essere stato licenziato dalla società per cui lavora, mette insieme una squadra per andare a recuperare un tesoro sommerso che si dice essere perduto nelle profondità del Mar Nero. Non appena l'avidità e la disperazione prendono il controllo a bordo della nave, la crescente incertezza della missione spinge gli uomini della squadra a combattere l'uno contro l'altro per la propria sopravvivenza.
Macdonald risolve brillantemente la parte preparatoria in modo molto ritmico, lavorando con la voce off come elemento supplementare per un montaggio audio-video parallelo. Una volta in mare, però, anche il film rischia di inabissarsi, soffocato dalla questione sociale europea come unica chiave drammaturgica, da excursus intimisti in evitabili ricordi soleggiati e da un digitale che, se realizzato in questo modo, nel 2014 non ha senso. Nel finale però Macdonald ci mette del suo girando con maestria in interni, e ci riporta a respirare.
Macdonald risolve brillantemente la parte preparatoria in modo molto ritmico, lavorando con la voce off come elemento supplementare per un montaggio audio-video parallelo. Una volta in mare, però, anche il film rischia di inabissarsi, soffocato dalla questione sociale europea come unica chiave drammaturgica, da excursus intimisti in evitabili ricordi soleggiati e da un digitale che, se realizzato in questo modo, nel 2014 non ha senso. Nel finale però Macdonald ci mette del suo girando con maestria in interni, e ci riporta a respirare.
Mia madre
Mentre sta girando un film con l' importante attore americano Barry Huggins (John Turturro) come protagonista, la regista di successo Margherita (Margherita Buy) è alle prese con una catastrofica vita privata, completamente in balia della madre morente e della figlia adolescente Livia.
Una storia in fondo intima e dolorosa risolta con una leggerezza (prima di tutto estetica) straordinaria. Questo nonostante una struttura non lineare, dove realtà e sogno, in maniera ancora più evidente rispetto a Habemus Papam, si compenetrano, a volte senza soluzione di continuità.
Una storia in fondo intima e dolorosa risolta con una leggerezza (prima di tutto estetica) straordinaria. Questo nonostante una struttura non lineare, dove realtà e sogno, in maniera ancora più evidente rispetto a Habemus Papam, si compenetrano, a volte senza soluzione di continuità.
lunedì 6 aprile 2015
French connection
Marsiglia, 1975. Pierre Michel, un giovane magistrato, è arrivato da Metz con la moglie e i figli in seguito alla nomina di giudice. Egli ha giurato di affrontare la mafia francese e di far cadere a tutti i costi il padrino della costa marsigliese, Gaétan Zampa.
Se in interni Jimenez si rivolge alla tradizione di genere francese, è in esterni che French Connection alza lo sguardo per cercare Scorsese e Friedkin. La vicenda privata diventa così grande narrazione, equivalente transalpino del nostrano Romanzo criminale, con il quale condivide afflato corale, istinti pulp nella definizione dei personaggi e grammatiche realiste nell’abbondante uso di camera a spalla.
Se in interni Jimenez si rivolge alla tradizione di genere francese, è in esterni che French Connection alza lo sguardo per cercare Scorsese e Friedkin. La vicenda privata diventa così grande narrazione, equivalente transalpino del nostrano Romanzo criminale, con il quale condivide afflato corale, istinti pulp nella definizione dei personaggi e grammatiche realiste nell’abbondante uso di camera a spalla.
Vergine giurata
Hana Doda (Alba Rohrwacher) cresce sulle montagne albanesi, dove vige una cultura arcaica e maschilista che non riconosce alle donne alcuna libertà. Per sfuggire al suo destino, Hana si appella proprio alla legge della sua terra, il kanun: Hana giura di rimanere vergine e si fa uomo, diventa Mark, una “vergine giurata”, ottenendo di essere considerata al pari degli uomini, ma negando così ogni forma di amore. Un rifiuto che diventerà la sua prigione.
Il primo film della talentuosa Laura Bispuri gioca molto sull’immagine, sulla suggestione ancestrale del Kanun, l’antica legge consuetudinaria albanese, e, soprattutto, su Alba Rohrwacher, perfettamente in simbiosi con il suo personaggio. La macchina da presa la pedina, le sta sulla nuca, ne indaga il fisico mascolino, l’incedere dinoccolato. Poi però il lento riappropriarsi della propria femminilità nella ”civile” città italiana passa attraverso episodi resi in maniera un po’ forzata e quindi un po’ banale. Adattamento dell'omonimo romanzo di Elvira Dones.
Il primo film della talentuosa Laura Bispuri gioca molto sull’immagine, sulla suggestione ancestrale del Kanun, l’antica legge consuetudinaria albanese, e, soprattutto, su Alba Rohrwacher, perfettamente in simbiosi con il suo personaggio. La macchina da presa la pedina, le sta sulla nuca, ne indaga il fisico mascolino, l’incedere dinoccolato. Poi però il lento riappropriarsi della propria femminilità nella ”civile” città italiana passa attraverso episodi resi in maniera un po’ forzata e quindi un po’ banale. Adattamento dell'omonimo romanzo di Elvira Dones.
sabato 21 marzo 2015
Latin lover
In un paesino della Puglia viene celebrato il decimo anniversario dalla morte di Saverio Crispo, attore simbolo del grande cinema italiano ed eterno latin lover. Alla cerimonia partecipano le sue cinque figlie che arrivano da tutto il mondo e due ex mogli, quella italiana e quella spagnola. Segreti, rivalità e nuove passioni porteranno le donne a scoprire un passato inaspettato e a rivedere la propria vita.
Una nuova amica
Claire e Léa hanno attraversato alti e bassi sin dall'infanzia. Le cose non cambiano neanche quando entrambe le giovani donne si sposano e Léa diventa mamma. Poco dopo il parto, Léa si ammala gravemente e sul letto di morte chiede all'amica di prendersi cura della sua famiglia e del marito David. Dopo la morte di Léa, Claire cerca l'uomo e scopre un segreto da lui a lungo custodito: ama indossare abiti femminili e ha anche scelto come nome quello di Virginia.
Adattamento del romanzo The New Girlfriend di Ruth Rendell. Hitchcock, Ophüls, e molto Billy Wilder, con una spruzzatina di Almodóvar. Ma non si pensi che "Una nuova amica" sia un semplice divertissement perché Ozon, con leggerezza sofisticata e intelligenza, racconta la confusione non del protagonista maschile, che sta invece benissimo così, ma della ragazza, creando un cortocircuito interessante. Tra i migliori Ozon di sempre, in ogni caso.
Adattamento del romanzo The New Girlfriend di Ruth Rendell. Hitchcock, Ophüls, e molto Billy Wilder, con una spruzzatina di Almodóvar. Ma non si pensi che "Una nuova amica" sia un semplice divertissement perché Ozon, con leggerezza sofisticata e intelligenza, racconta la confusione non del protagonista maschile, che sta invece benissimo così, ma della ragazza, creando un cortocircuito interessante. Tra i migliori Ozon di sempre, in ogni caso.
Io sono Mateusz
Da piccolo a Mateusz venne diagnosticata una paralisi cerebrale e sin dalla tenera età è stato ritenuto mentalmente disabile e senza alcuna capacità comunicativa. A 25 anni di distanza da quella diagnosi, però, si è scoperto che, a parte i problemi fisici, Mateusz è perfettamente normale ed è anche una persona molto intelligente. Così, a 30 anni, Mateusz si ritrova ricoverato in procinto di essere esaminato da una commissione, chiamata ad esprimersi sulle sue reali condizioni.
Dramma lieve, il cui registro sfiora ripetutamente l’obiettività documentaria, salvo prendere da essa le distanze in libere ricostruzioni narrative e in concessioni retoriche atte a tirare per i capelli l’emozione, trascinandola su schermo in ralenti al pianoforte.
Dramma lieve, il cui registro sfiora ripetutamente l’obiettività documentaria, salvo prendere da essa le distanze in libere ricostruzioni narrative e in concessioni retoriche atte a tirare per i capelli l’emozione, trascinandola su schermo in ralenti al pianoforte.
Blackhat
Un importante codice informatico è stato violato, innescando una catena di eventi che colpisce i mercati azionari di tutto il mondo. A colui che aveva scritto il codice, detenuto in carcere per crimini informatici, viene concessa la libertà a condizione che faccia parte di una task force dell'Fbi e del governo cinese per risalire all'autore della violazione e alla rete di cyber-terrorismo d'alto livello che vi sta dietro. Inizia così una caccia al topo che da Chicago arriva a Giacarta, passando per Los Angeles, Kuala Lampur e Hong Kong.
Blackhat è qui, in tutta la sua magnificenza. Affetti familiari, eros, ma anche battaglie dove il sangue sostituisce lo scorrere dei dati in una matrice informatica che pare fogna. Si comincia con una guerra combattuta attraverso la tecnologia più avanzata, quasi fantascienza, e si finisce con gli antagonisti che si prendono a coltellate durante una cerimonia tradizionale millenaria. In mezzo, puro Michael Mann, che sperimenta con il digitale e regala personaggi di contorno memorabili
Blackhat è qui, in tutta la sua magnificenza. Affetti familiari, eros, ma anche battaglie dove il sangue sostituisce lo scorrere dei dati in una matrice informatica che pare fogna. Si comincia con una guerra combattuta attraverso la tecnologia più avanzata, quasi fantascienza, e si finisce con gli antagonisti che si prendono a coltellate durante una cerimonia tradizionale millenaria. In mezzo, puro Michael Mann, che sperimenta con il digitale e regala personaggi di contorno memorabili
Foxcatcher - una storia americana
La vera storia di John Du Pont (Steve Carrell), uno schizofrenico paranoico che ha usato i suoi 800 acri di terreno in Pennsylvania per costruire una struttura di formazione e preparazione per atleti di wrestling. Nel 1996, nella struttura, Du Pont ha ucciso, sparandogli, il wrestler medaglia d'oro olimpionica David Schultz (Mark Ruffalo). Erede dell'immensa fortuna della sua famiglia, Du Pont si è chiuso nella sua villa nei due giorni successivi all'omicidio, trascorrendo il tempo al telefono con i negoziatori.
Miller costruisce un film che lavora sul classico ma è in cerca continua di scarti e scompensi, di tratti alienanti, di spettri. Sono i corpi muti a parlare, a dire delle tensioni psichiche, sessuali, economiche: la lotta non è uno sport, qui. È una tragedia implosa, silente. E non è solo un biopic, un ritratto umano, Foxcatcher. Ma storia d’America, parabola sull’imperialismo economico e culturale, mitologia che s’infrange e non smette d’infrangersi.
Miller costruisce un film che lavora sul classico ma è in cerca continua di scarti e scompensi, di tratti alienanti, di spettri. Sono i corpi muti a parlare, a dire delle tensioni psichiche, sessuali, economiche: la lotta non è uno sport, qui. È una tragedia implosa, silente. E non è solo un biopic, un ritratto umano, Foxcatcher. Ma storia d’America, parabola sull’imperialismo economico e culturale, mitologia che s’infrange e non smette d’infrangersi.
Cenerentola
Il padre della giovane Ella, un mercante rimasto vedovo, sposa in seconde nozze Lady Tremaine (Cate Blanchett) e la porta a vivere in casa insieme alle sue due figlie Anastasia e Genoveffa. Quando il padre scompare misteriosamente, Ella (Lily James) si ritrova in balia di una famiglia in cui gelosia e crudeltà regnano sovrane. Relegata al ruolo di sguattera, Ella non si arrende alle difficoltà a cui va incontro e, memore delle ultime parole della madre, si mostra sempre coraggiosa e gentile, senza cedere mai alla disperazione o al disprezzo verso chi la umilia in continuazione. La sua fortuna è destinata a cambiare quando si profila all'orizzonte la possibilità di partecipare a un evento reale, dove spera di incontrare nuovamente il misterioso e affascinante sconosciuto (Richard Madden) che ha incontrato nel bosco, del tutto ignara di come questi sia in realtà il principe.
Kenneth Branagh srotola su un tappeto barocco di dettagli sfarzosi e lussureggianti tutta l’atemporalità del classico in equilibrio tra stupore del fantastico e (relativa) verosimiglianza di trama. Cenerentola aggiunge ai suoi personaggi lo spessore che basta a non farli sfigurare in tre dimensioni e rincorre con consapevolezza i fasti della Hollywood che fu, di un cinema lussuoso e sfavillante capace di concretizzare su pellicola la sostanza dei sogni.
Kenneth Branagh srotola su un tappeto barocco di dettagli sfarzosi e lussureggianti tutta l’atemporalità del classico in equilibrio tra stupore del fantastico e (relativa) verosimiglianza di trama. Cenerentola aggiunge ai suoi personaggi lo spessore che basta a non farli sfigurare in tre dimensioni e rincorre con consapevolezza i fasti della Hollywood che fu, di un cinema lussuoso e sfavillante capace di concretizzare su pellicola la sostanza dei sogni.
Vizio di forma
Larry Doc Sportello (Joaquin Phoenix) è un detective privato della Los Angeles del 1969. Dipendente dalle droghe e dai metodi insoliti, Sportello viene contattato da un'ex amante per risolvere un interessante caso che, tra miriadi di azioni criminali, riguarda un'infedeltà coniugale ma anche le istituzioni mentali e un gruppo di poliziotti chiamati Bigfoot.
Un’impresa eccezionale di “riscrittura”, riuscita: il personaggio sullo schermo ha l’anima che invece ci pare manchi nel romanzo di Pynchon, dove è puro pre-testo, un McGuffin semovente. Merito anche di Joaquin Phoenix, magnifico. Forse non è un capolavoro, non sposta l’asticella della storia del cinema, ma diverte confermando il talento del suo autore.
Un’impresa eccezionale di “riscrittura”, riuscita: il personaggio sullo schermo ha l’anima che invece ci pare manchi nel romanzo di Pynchon, dove è puro pre-testo, un McGuffin semovente. Merito anche di Joaquin Phoenix, magnifico. Forse non è un capolavoro, non sposta l’asticella della storia del cinema, ma diverte confermando il talento del suo autore.
Il segreto del suo volto
Sopravvissuta ai campi di concentramento ma con il volto gravemente sfigurato, Nelly Lenz (Nina Hoss), dopo un intervento di ricostruzione facciale, si mette alla ricerca del marito Johnny. Quando lo ritrova, deve però confrontarsi con un'amara verità: l'uomo non la riconosce più ma, considerando la grande somiglianza che ha con la moglie che crede defunta, le propone di spacciarsi per lei e rivendicarne la cospicua eredità. Nelly diventerà così il suo stesso alter ego, con la speranza di scoprire i veri sentimenti o i tradimenti del consorte.
Rigore fotografico, sottrazione di colonna sonora, personaggi dispersi sul viale della dimenticanza. Epifanie implose nella cesura del movimento di macchina, con stacchi di montaggio netti, brutali, a smentire la fluidità del ricordo. Il segreto del suo volto è un film inesauribile, l’ennesimo di un cineasta cui aggrapparsi disperatamente.
Rigore fotografico, sottrazione di colonna sonora, personaggi dispersi sul viale della dimenticanza. Epifanie implose nella cesura del movimento di macchina, con stacchi di montaggio netti, brutali, a smentire la fluidità del ricordo. Il segreto del suo volto è un film inesauribile, l’ennesimo di un cineasta cui aggrapparsi disperatamente.
Timbuktu
Una volta città di tolleranza, Timbuktu è oramai nelle mani di un gruppo di estremisti, che governano con leggi che proibiscono la musica, il calcio e il fumo, e impongono un rigido codice di abbigliamento per le donne. Per Kidane, invece, è il momento giusto per godersi la vita con la sua famiglia lontano dalla città. Uomo tranquillo che vive sulle rive del fiume Niger, Kidane lavora come pastore aiutato da un dodicenne di nome Issan. Quando però Amadou, il pescatore pazzo che vive nelle vicinanze, spara al suo gregge, Kidane è costretto a cercar di proteggere lavoro, vita e famiglia, uccidendo accidentalmente il rivale e facendo correre veloce il suo inevitabile destino.
Ispirato a una storia vera, Timbuktu coglie la tragedia dell’uomo e cerca il paradosso del potere, commuove di realismo come Rossellini e coglie l’assurdo di regime come Suleiman. Un cumulo di storie e personaggi, lirismo dolente e umorismo vignettistico, realismo scioccante e simbolismo elementare: Sissako, con la fotografia del Sofian El Fani di La vita di Adele, restituisce le forme con cui si dispiega la legge ottusa dell’integralismo. E sa fare, di queste macerie, senso materiale su cui fondare poesia.
Ispirato a una storia vera, Timbuktu coglie la tragedia dell’uomo e cerca il paradosso del potere, commuove di realismo come Rossellini e coglie l’assurdo di regime come Suleiman. Un cumulo di storie e personaggi, lirismo dolente e umorismo vignettistico, realismo scioccante e simbolismo elementare: Sissako, con la fotografia del Sofian El Fani di La vita di Adele, restituisce le forme con cui si dispiega la legge ottusa dell’integralismo. E sa fare, di queste macerie, senso materiale su cui fondare poesia.
Selma - la strada per la libertà
La storia dei tre tumultuosi mesi del 1965 durante i quali il riverito e visionario Martin Luther King (David Oyelowo) condusse una pericolosa campagna per garantire il diritto al voto ai neri contro una violenta opposizione bianca. L'epica marcia da Selma a Montgomery culminò con la firma del presidente Johnson (Tom Wilkinson) del Voting Rights Act, una delle vittorie più significative per il movimento dei diritti civili.
Selma è cinema classico, tradizionale, solido: retorico quando serve, commovente quanto basta. Eppure necessario: l’autorappresentazione di un popolo, da sempre relegato ai margini dello schermo, può passare anche per il canone.
Selma è cinema classico, tradizionale, solido: retorico quando serve, commovente quanto basta. Eppure necessario: l’autorappresentazione di un popolo, da sempre relegato ai margini dello schermo, può passare anche per il canone.
Whiplash
Andrew, studente di primo anno al college, è disposto a tutto pur di diventare un famoso batterista jazz. I suoi sforzi e il suo impegno sono messi però a dura prova dagli estremi metodi di insegnamento dell'eccentrico professor Fletcher. Condotto quasi sull'orlo della follia, Andrew dovrà imparare a credere in se stesso e aver fede nella musica per far scintillare il talento nel quale Fletcher ripone fiducia.
Chazelle, classe 1985, cresciuto a pane e Cassavetes, viene da un esordio (Guy and Madeline on a Park Bench) che con disinvolta arroganza innestava aperture da musical hollywoodiano su un dispositivo da Nouvelle vague. Whiplash - il più basso incasso mai arrivato alla nomination all’Oscar, girato e montato in 10 settimane, con un attore (Miles Teller, ottimo) che suona dal vivo e versa vero sangue sul set - è il suo manifesto, un’opera che grida le sue convinzioni, dilatando le performance live fino all’esaurimento, rivendicando il diritto di credere a un cinema duro e puro. Vincitore del Gran Premio della Giuria e del Premio del pubblico al Sundance 2014.
Chazelle, classe 1985, cresciuto a pane e Cassavetes, viene da un esordio (Guy and Madeline on a Park Bench) che con disinvolta arroganza innestava aperture da musical hollywoodiano su un dispositivo da Nouvelle vague. Whiplash - il più basso incasso mai arrivato alla nomination all’Oscar, girato e montato in 10 settimane, con un attore (Miles Teller, ottimo) che suona dal vivo e versa vero sangue sul set - è il suo manifesto, un’opera che grida le sue convinzioni, dilatando le performance live fino all’esaurimento, rivendicando il diritto di credere a un cinema duro e puro. Vincitore del Gran Premio della Giuria e del Premio del pubblico al Sundance 2014.
domenica 8 febbraio 2015
The icenab
L'epica storia di Richard Kuklinski (Michael Shannon), che ha condotto un'incredibile doppia vita come devoto padre di famiglia e come spietato sicario della mafia, capace di uccidere più di 250 persone tra il 1954 e il 1985. Richard si guadagna il soprannome di "uomo di ghiaccio" sul campo per l'abitudine di congelare i cadaveri delle sue vittime per poi sbarazzarsene mesi dopo, in modo da celare la loro morte per più tempo possibile.
Birdman
Un attore (Michael Keaton), celebre per aver prestato il volto a un iconico supereroe, sta allestendo una commedia da portare in scena a Broadway. Nei giorni precedenti alla prima, si ritroverà però a fare i conti con il proprio ego, tentando di recuperare i rapporti con la sua famiglia, la carriera e, in un'ultima analisi, anche se stesso.
Corri ragazzo corri
Nel 1942 Srulik, un bambino di otto anni, fugge dal ghetto di Varsavia. Da quel momento, cercherà di sopravvivere dapprima da solo nella foresta e in seguito in una fattoria polacca, assumendo l'identità dell'orfano cristiano Jurek. Durante tutto il suo calvario, rischierà però di perdere la propria identità ebraica incontrando persone che lo inganneranno per una ricompensa, lo picchieranno e cercheranno di ucciderlo, e altre disposte a rischiare tutto pur di aiutarlo.
Una fuga infinita, durata per anni, con accumuli drammatici sovente eccessivi: dal ghetto dove gli vengono uccisi genitori e fratelli, dalle foreste gelide dove perde i compagni, dai polacchi che consegnano bambini alle SS per un tozzo di pane. Picchiato, rincorso, rifiutato, vessato, privato di un braccio, ma animato da un indomito spirito di sopravvivenza. Che è la cifra simbolica di un film da proiezione per le scuole, a cui manca un manico e su cui pesano i dialoghi ingessati, ma verso il quale si finisce per nutrire sano rispetto. Adattamento di un romanzo di Uri Orlev.
Una fuga infinita, durata per anni, con accumuli drammatici sovente eccessivi: dal ghetto dove gli vengono uccisi genitori e fratelli, dalle foreste gelide dove perde i compagni, dai polacchi che consegnano bambini alle SS per un tozzo di pane. Picchiato, rincorso, rifiutato, vessato, privato di un braccio, ma animato da un indomito spirito di sopravvivenza. Che è la cifra simbolica di un film da proiezione per le scuole, a cui manca un manico e su cui pesano i dialoghi ingessati, ma verso il quale si finisce per nutrire sano rispetto. Adattamento di un romanzo di Uri Orlev.
Gemma Bovery
Martin, ex viveur parigino finito più o meno volontariamente a fare il panettiere in Normandia, ha mantenuto costanti le sue ambizioni giovanili, la sua forte capacità di immaginazione e l'amore per la letteratura, in particolare per le opere di Gustave Flaubert. Ben presto, vicino alla sua abitazione si trasferisce una coppia inglese, Gemma e Charles Bovery, i cui nomi e comportamenti sembrano ispirati dagli eroi di Flaubert. Per Martin l'occasione è troppo ghiotta per non cercare di interferire nel destino dei due. La bella Gemma Bovery non ha però mai letto alcun classico e intende vivere la vita a modo suo.
Diretto da Anne Fontaine ispirandosi al romanzo grafico di Posy Simmonds e con il grande Pascal Bonitzer alla sceneggiatura, Gemma Bovery racconta di un uomo dalla passione in letargo che passando attraverso un miraggio letterario flaubertiano, pensa di dominare eventi con al centro una splendida donna inglese, suo marito, i suoi amanti presenti e passati. Grazie anche alla prova “leggera” di due protagonisti in stato di grazia (Luchini è sempre spaziale, ma Arterton è una sorpresa) e a una scrittura sublime, il film è la commedia perfetta.
Diretto da Anne Fontaine ispirandosi al romanzo grafico di Posy Simmonds e con il grande Pascal Bonitzer alla sceneggiatura, Gemma Bovery racconta di un uomo dalla passione in letargo che passando attraverso un miraggio letterario flaubertiano, pensa di dominare eventi con al centro una splendida donna inglese, suo marito, i suoi amanti presenti e passati. Grazie anche alla prova “leggera” di due protagonisti in stato di grazia (Luchini è sempre spaziale, ma Arterton è una sorpresa) e a una scrittura sublime, il film è la commedia perfetta.
Turner
Uno sguardo all'ultimo quarto di vita di Joseph Mallord William Turner (Timothy Spall), pittore e incisore inglese nato a Londra nel 1775 e divenuto uno dei maggiori esponenti del movimento romantico. Profondamente turbato dalla morte del padre, Turner inizia a vivere con la vedova Mrs. Booth ed è tormentato occasionalmente da Sarah Danby, una ex amante da cui ha avuto due figlie illegittime. Godendo dell'accoglienza dell'aristocrazia terriera, Turner frequenta un bordello, è affascinato dalla scienza, dalla fotografia e dalle ferrovie, è un membro dell'accademia reale delle arti e sfida una tempesta di neve attaccato all'albero di una nave per dipingere la tempesta stessa. Osannato da alcuni ed odiato da altri, Turner rifiuta anche un'offerta di 100 mila sterline da un milionario che desidera acquistare tutti i suoi lavori, fortemente detestati dalla regina Victoria. Ad amarlo più di tutti è però Hannah, la governante storica che Turner ogni tanto sfrutta per i suoi bisogni sessuali.
Grazie anche alla straordinaria attenzione del direttore della fotografia Dick Pope, Leigh filma la passione della luce e dell’occhio di Turner con un passo di straordinaria essenzialità che evita accuratamente l’aridità dell’illustrazione erudita. Nel corpo di Timothy Spall, Leigh incarna il tormento dell’immagine che diventa testimonianza storica grazie alla precisione di un gesto filmico tanto potente quanto discreto. Turner è il migliore omaggio ipotizzabile per il “poeta della luce”.
Grazie anche alla straordinaria attenzione del direttore della fotografia Dick Pope, Leigh filma la passione della luce e dell’occhio di Turner con un passo di straordinaria essenzialità che evita accuratamente l’aridità dell’illustrazione erudita. Nel corpo di Timothy Spall, Leigh incarna il tormento dell’immagine che diventa testimonianza storica grazie alla precisione di un gesto filmico tanto potente quanto discreto. Turner è il migliore omaggio ipotizzabile per il “poeta della luce”.
Italiano medio
Ambientalista convinto in crisi depressiva, il quasi quarantenne Giulio Verme si ritrova a fare la differenziata in un centro di smistamento rifiuti alla periferia di Milano. Incapace di interagire con chiunque, un sempre più avvilito Giulio viene convinto dall'incontro con l'associazione ambientalista dei "Mobbasta" a combattere contro lo smantellamento di un parco cittadino ma anche quest'esperienza si rivela un fallimento. Senza più speranze, Giulio si imbatte in Alfonzo, un vecchio e odiato amico di scuola che ha un rimedio per tutti i suoi mali: una pillola che gli farà usare solo il 2% delle capacità cerebrali. In tal modo, Giulio potrà pensare solo a sé stesso, alle donne, ai vizi, alle passioni e alle virtù dell'italiano medio.
Anarchico ma non egocentrico nel portare avanti le sue tante idee, Capatonda sceglie di lavorare sulla coralità degli attori che l’hanno sempre accompagnato nelle sue avventure. Con una cura formale e un’attenzione alla scrittura inedite, Italiano medio finisce per raccontare meglio di altri le nostre maschere, le nostre gabbie, il nostro cinema.
Anarchico ma non egocentrico nel portare avanti le sue tante idee, Capatonda sceglie di lavorare sulla coralità degli attori che l’hanno sempre accompagnato nelle sue avventure. Con una cura formale e un’attenzione alla scrittura inedite, Italiano medio finisce per raccontare meglio di altri le nostre maschere, le nostre gabbie, il nostro cinema.
domenica 25 gennaio 2015
Difret - il coraggio per cambiare
Etiopia, 1996. Meaza Ashenafi è una giovane avvocatessa che opera in sintonia con il governo per fornire servizi gratuiti a donne e bambini bisognosi. La sua carriera e la sua stessa sopravvivenza saranno minacciate dal delicato caso di Hirut Assefa, una quattordicenne che, dopo essere stata rapita mentre tornava da scuola da un agricoltore ventinovenne con il desiderio di prenderla in moglie, ha ucciso l'uomo per ritrovare la sua libertà.
Stile spartano e inelegante per un film didascalico e asciutto, naïf e volenteroso, semplicistico ma esente da eccessi melodrammatici e spettacolari ricatti emotivi: Difret è l’equivalente di un articolo di cronaca internazionale con senso per il giusto e per lo storytelling, come una fiction tv di stampo civile. In apertura, occhi alla camera, l’endorsement engagé, global e commosso, della produttrice esecutiva Angelina Jolie. 1° Premio del pubblico al Festival di Berlino 2014.
Stile spartano e inelegante per un film didascalico e asciutto, naïf e volenteroso, semplicistico ma esente da eccessi melodrammatici e spettacolari ricatti emotivi: Difret è l’equivalente di un articolo di cronaca internazionale con senso per il giusto e per lo storytelling, come una fiction tv di stampo civile. In apertura, occhi alla camera, l’endorsement engagé, global e commosso, della produttrice esecutiva Angelina Jolie. 1° Premio del pubblico al Festival di Berlino 2014.
Jhon Wick
Dopo la morte dell'amata moglie, il leggendario ex assassino John Wick (Keanu Reeves) trascorre le giornate a rimettere in sesto la sua Ford Mustang del 1969 e con la sola compagnia del cane Daisy. La sua esistenza scivola via senza intoppi fino a quando un sadico delinquente di nome Yosef Tarasof nota la sua auto. Non accettando il rifiuto di venderla di Wick, Yosef manda due suoi complici a rubare la macchina e a uccidere brutalmente Daisy. Da quel momento, John si mette sulle tracce del criminale a New York, scoprendo di avere a che fare con l'unico figlio del boss della mala Viggo Tarasof. Quando in breve tempo per la città si diffonde la voce che John è in cerca di Yosef per vendicarsi, Viggo mette sulla sua testa una grande ricompensa, che attira tutti gli assassini in circolazione.
Pochi fronzoli, niente digitale, stunt e coreografie importanti, il film ha tutto quello che un buon revenge movie dovrebbe avere: è fumettoso e violento, le psicologie sono binarie, i cameo gustosi, le battute azzeccate, l’ambientazione oscura, l’anima autenticamente di serie b e lo sguardo sempre fermo su un vendicatore implacabile, con i russi come nemesi assoluta. John Wick si muove agilmente su questo crinale, riaggiornando la retorica di due universi criminali moralmente antitetici, con protagonisti credibili, una musica fin troppo assordante e una splendida trovata caratterizzante come l’hotel per gangster e cacciatori di taglie, con le sue regole, i suoi lussi e il dottore sempre disponibile.
Pochi fronzoli, niente digitale, stunt e coreografie importanti, il film ha tutto quello che un buon revenge movie dovrebbe avere: è fumettoso e violento, le psicologie sono binarie, i cameo gustosi, le battute azzeccate, l’ambientazione oscura, l’anima autenticamente di serie b e lo sguardo sempre fermo su un vendicatore implacabile, con i russi come nemesi assoluta. John Wick si muove agilmente su questo crinale, riaggiornando la retorica di due universi criminali moralmente antitetici, con protagonisti credibili, una musica fin troppo assordante e una splendida trovata caratterizzante come l’hotel per gangster e cacciatori di taglie, con le sue regole, i suoi lussi e il dottore sempre disponibile.
Il nome del figlio
Nel corso di una cena allegra tra amici la semplice domanda sul nome del figlio che Paolo (Alessandro Gassman), estroverso agente immobiliare, e Simona (Micaela Ramazzotti), autrice di un libro molto piccante, stanno per avere genera una discussione senza fine. Feroci differenze, diversità profonde, antichi rancori, litigi sui gusti sessuali e rivelazioni intime finiranno per portare alla luce segreti inaspettati con conseguenze tragicomiche.
Un adattamento intelligente, guastato in parte da scelte registiche che sembrano temere la natura teatrale dell’originale: una macchina da presa in perenne, non sempre funzionale, movimento, e una serie di flashback utili solo a ribadire l’ovvio. Una cosa, poi, non possiamo perdonare: il momento grande freddo con trenino sulle note di Telefonami tra vent’anni di Lucio Dalla. Remake della commedia francese Cena tra amici (2012).
Un adattamento intelligente, guastato in parte da scelte registiche che sembrano temere la natura teatrale dell’originale: una macchina da presa in perenne, non sempre funzionale, movimento, e una serie di flashback utili solo a ribadire l’ovvio. Una cosa, poi, non possiamo perdonare: il momento grande freddo con trenino sulle note di Telefonami tra vent’anni di Lucio Dalla. Remake della commedia francese Cena tra amici (2012).
Still alice
La dottoressa Alice Howland è una rinomata docente di neuroscienze alla Columbia University. Felicemente sposata e madre di tre figli, Alice non presta molta attenzione alle piccole cose che le sfuggono di mente fino al giorno in cui, perdendosi nel suo quartiere, si rende conto che le sta accadendo qualcosa di terribilmente sbagliato. Ciò sarà solo l'inizio di una lunga lotta contro una precoce forma di morbo di Alzheimer, una battaglia che dovrà affrontare per continuare ad essere la Alice di sempre.
L’anticonvenzionalità di Still Alice - che altrimenti s’installerebbe nel collaudato genere di film sulla malattia - sta nel non mollare mai la sua protagonista (Julianne Moore), indagandone le reazioni, tentando di forzare la sua mente in dissolvimento, inseguendone l’orrore della consapevolezza prima, e poi l’inesorabile affievolirsi della luce del ricordo dagli occhi, dalla pelle, dal corpo. Per quanto senza guizzi d’originalità registica o di scrittura, Still Alice sa corrispondere in modo quieto e composto, discreto e pudico, alla terrificante patologia che racconta, fatta di silenzi e vuoti, qualcosa che ci abbandona senza far rumore e senza lasciare alcuna rassicurante scia di speranza.
L’anticonvenzionalità di Still Alice - che altrimenti s’installerebbe nel collaudato genere di film sulla malattia - sta nel non mollare mai la sua protagonista (Julianne Moore), indagandone le reazioni, tentando di forzare la sua mente in dissolvimento, inseguendone l’orrore della consapevolezza prima, e poi l’inesorabile affievolirsi della luce del ricordo dagli occhi, dalla pelle, dal corpo. Per quanto senza guizzi d’originalità registica o di scrittura, Still Alice sa corrispondere in modo quieto e composto, discreto e pudico, alla terrificante patologia che racconta, fatta di silenzi e vuoti, qualcosa che ci abbandona senza far rumore e senza lasciare alcuna rassicurante scia di speranza.
Hungry hearts
Mina e Jude si incontrano nel bagno di un ristorante e ciò segna l'inizio della loro grande storia d'amore. Dopo essere sposati, scoprono di stare per diventare genitori quando una guida spirituale dice a Mina che sta per dare alla luce un bambino indaco.
Saverio Costanzo è fautore di un cinema adulto. Un cinema che si stacca con orgoglio e veemenza dalla commedia a tutti i costi. Un cinema serio che mira alla testa. Un cinema dove la gioia di tenere la macchina da presa è tangibile. Costanzo è uno dei pochi in Italia, l’altro è Stefano Sollima, a pensare in forme schiettamente cinematografiche. Memorabile il lavoro del direttore della fotografia Fabio Cianchetti, lo spazio diventa radiografia del sentire mentre il montaggio non lineare di Francesca Calvelli incrina progressivamente il principio di percezione di realtà dei protagonisti. Crudelissimo. Tratto dal romanzo Il bambino indaco di Marco Franzoso.
Saverio Costanzo è fautore di un cinema adulto. Un cinema che si stacca con orgoglio e veemenza dalla commedia a tutti i costi. Un cinema serio che mira alla testa. Un cinema dove la gioia di tenere la macchina da presa è tangibile. Costanzo è uno dei pochi in Italia, l’altro è Stefano Sollima, a pensare in forme schiettamente cinematografiche. Memorabile il lavoro del direttore della fotografia Fabio Cianchetti, lo spazio diventa radiografia del sentire mentre il montaggio non lineare di Francesca Calvelli incrina progressivamente il principio di percezione di realtà dei protagonisti. Crudelissimo. Tratto dal romanzo Il bambino indaco di Marco Franzoso.
The water diviner
Subito dopo la battaglia di Gallipoli, disputata in Turchia durante la prima guerra mondiale, l'agricoltore australiano Connor decide di recarsi a Istanbul per scoprire cosa ne è stato dei suoi figli, dati per dispersi sul campo. Mentre inizia la relazione con la bella donna turca che gestisce l'albergo in cui alloggia, Connor si aggrappa alla speranza di ritrovare vivi i suoi ragazzi e con l'aiuto di un ufficiale turco inizia un viaggio attraverso il paese per scoprire la verità.
mercoledì 7 gennaio 2015
Big eyes
La storia dei coniugi Margaret (Amy Adams) e Walter Keane (Christoph Watz), divenuti entrambi famosi negli anni Cinquanta del Novecento per i loro ritratti kitsch di trovatelli caratterizzati da occhi sproporzionatamente grandi. Mentre Walter appariva in pubblico per godersi il successo, la più dotata Margaret rimaneva nell'ombra. In seguito, però, con l'arrivo del divorzio, i due aprirono un contenzioso per stabilire la paternità delle loro opere: Walter reclamò per sé tutta la gloria, sostenendo di aver svolto sostanzialmente da solo il lavoro, ma Margaret lo accusò di mentire dichiarandosi lei l'unica e vera artefice dei ritratti. Tuttavia, nel momento di dimostrare quanto sosteneva in tribunale realizzando un ritratto di fronte a dei testimoni, Walter addusse come scusante per non riuscirvi un dolore al braccio che lo portò a perdere la reputazione.
Paddington
Un giovane orso peruviano con la passione per tutto ciò che è inglese viaggia a Londra in cerca di una casa e di una vita migliore. Ritrovandosi sperduto e solo alla stazione di Paddington, comincia a rendersi conto che tutto ciò che aveva immaginato su Londra non corrisponde a realtà, fino a quando non incontra la gentile famiglia dei Brown, che gli offrono un temporaneo rifugio. Nonostante la sua esistenza sembri prendere una piega fortunata, il suo essere un raro orso cattura presto le attenzioni di una tassidermista di un museo.
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